lunedì 16 febbraio 2009

articolo inviato da: Palma Virdò da Toronto

Carissimi amici di S.onofrio e sopratutto genitori e nonni.
Da compaesana, residente in Canadá, mia terra adottiva dalla fine degli anni sessanta, voglio inviarvi un messaggio d’amore e di fratellanza. Molti di voi mi conoscono per essere nata e cresciuta sotto lo stesso cielo e dentro le stesse “mura” e per aver trascorso ore di studio insieme. Sono un’appassionata insaziabile della nostra bellissima lingua e cultura italiana, della quale sono anche portavoce, come insegnante di lingua e cultura italiana presso una scuola cattolica di Toronto da circa un trentennio, ma ancora di più sono appassionata del dialetto che porto caramente nel cuore.

Ricordo come negli anni sessanta, anni in cui studiavo a Vibo Valentia, bei tempi allora,
il nostro dialetto era ancora molto forte, molto duro da sdradicare, tanto che, a volte a scuola si aveva diffocoltá ad esprimersi in un italiano propriamente corretto.
Si parlava il dialetto quasi ovunque, in famiglia con i genitori, con i nonni che ci tramandavano racconti, fiabe, filastrocche, canzoncine e proverbi, tutto oralmente;
si parlava dialetto anche fuori casa, con gli amici, compagni di gioco e compagni di scuola.

Con il passare degli anni l’italiano ha preso il sopavvento sulla parlata dialettale,
per cui, in questi ultimi tempi, il nostro dialetto e i dialetti in generale sembrano perdere quota e rischiano di scomparire. Saranno state molte le ragioni e le cause di questa evoluzione linguistica. Sará perchè il dialetto faceva parte di quella che viene chiamata “Civilta’ Contadina” ormai storia o per l’estensione dell’obbligo scolatico e la possibilitá di avanzare negli studi. Sará perchè, a cominciare dal dopoguerra, la popolazione ha iniziato l’esodo dalla campagna alla cittá per migliorare le condizioni di vita e l’esodo verso nuove frontiere. Sará per il sopravvento dei mezzi di comunicazione, come la radio e la televisione, sará per quel che è stato, ma i dialetti, incluso il nostro, stanno scomparendo dalla faccia della terra. Ormai sono poco discernibili le sfumature dialettali che contraddistinguevano un paese da un altro, anche se molto vicini tra loro. Ai miei tempi, dalla parlata si poteva conoscere il luogo di provenienza di una persona. Si conosceva chi era di Vibo, chi era di Stefanaconi, di Filogaso o di Maierato; ogni comunitá conservava la su autentica parlata e cultura.

Ora, questo non sembra esistere più. Da quanto ho potuto constatare durante le mie frequenti visite al paese, quasi tutti i giovani e i meno giovani parlano l’italiano. Molti si esprimono con l’italiano trasmesso dalla televisione, non l’italiano di alto livello, parlato invece con molta eleganza e raffinatezza dalle persone coinvolte in attivitá professionali e culturali di alto calibro. La nostra lingua italiana, direi, non solo ha perso la sua autenticitá di sfumature inerenti alla parlate regionali, provinciali e paesane, ma viene continuamente “bombardata” da lingue e culture straniere. Questo fatto mi rammarica molto, perchè noi che ci troviamo fuori delle “mura” del paese, stiamo lottando per mantenere viva la nostra lingua e il nostro patrimonio culturale, compreso il nostro dialetto, parlato e capito anche dai nostri figli. Non trascuriamo questo immensa ricchezza che ci contraddistingue! Sarebbe come rinnegare il nostro passato, le nostre radici, la nostra vera esistenza! Dobbiamo farlo questo sforzo tutti insieme per non “morire” culturalmente. Dobbiamo impegnarci seriamente a ripristinare ciò che abbiamo trascurato per molti anni, a ripristinare la voce dei nostri avi, il cui eco è ancora presente nelle mura delle nostre case, delle nostre chiese, dei nostri cimiteri, delle nostre terre e dei casolari di campagna ora abbandonati, nei folti cespugli spinosi che nascondono le fontanelle dove i nostri avi andavano a dissetarsi durante le arsure estive.

Se non ci impegniamo seriamente il nostro dialetto e le nostre tradizioni saranno per sempre risucchiati nelle voragini dell’aria e della terra.
Cari nonni e genitori di S. Onofrio, finchè possiamo cerchiamo di tramandare la bellissima parlata dialettale con la quale siamo cresciuti nei momenti di gioia e di dolore. Recitate con i piccoli le filastrocche dei nostri nonni e bisnonni, cantate le nenie per farli addormentare, insegnate ai più grandicelli i detti e i proverbi adatti ad ogni tempo, stagione ed occasione, di sapore antico, ma ancora attuali nell’evoluzione dei tempi, quei proverbi creati dalla saggezza dei contadini, veri maestri del sapere.

Forse fra cento anni o ancora di più saranno necessari degli scavi archeologici per
sapere che cosa era una “gozza” e a che cosa serviva e forse ci vorranno degli studi linguistici per sapere che cosa era una “pizzica” con cui trascorrevano ore ed ore di gioco all’aria aperta i bambini di allora, quando ancora non esistevano i giochi elettronici.
Queste e altre bellissime cose fanno parte di un mondo che sta per scomparire.
Spesso mi domando, “che cosa ne sará del nostro dialetto e delle nostre tradizioni fra cinquant’anni o fra cent’anni?” Lascio agli studiosi la risposta alla mia domanda.
“Cosa possiamo fare noi per farli ancora rivivere?”
Impegniamoci a fare quel poco che possiamo.

Palma Virdó

2 commenti:

  1. Leggo con piacere l'argomento delle signora Palma che abita in canada. Mi affascina la lingua dialettale. Stoi lavorando da un pò sui detti e le terminologie paesane, cercando di scoprirne l'origine: E allora mi imbatto su origini greche, normanne, albanesi, arabe, francesi, germaniche e naturalmente latine. Man mano che vado avanti mi appassiono sempre di più e mi stupisco di quanto sia ricco il dialetto nofriano o del viobonese. Da poco tempo è uscito un VOCABOLARIO DIALETTALE VIBONESE scritto da Calogero Rino, che non ho avuto l'ccasione di consultare. Mi avvalgo invece di un'opera molto importante: DIZIONARIO DIALETTALE DELLA CALABRIA, la cui prima edizione risale al 1932. L'autore, Gherard ROHLFS risulta essere il più grande studioso del dialetto calabrese.Tedesco, filologo, etnologo, linguista, iniziò le sue ricerche negli anni venti, visitando egli stesso oltre trecento paesi della calabria. Appassionato del popolo calabrese, oggi è ricordato dagli studiosi un grande della lingua.
    L'ultima edizione di questo Dizionario è del 1996, edito da Longo Editore, Ravenna. La dedica del libro recita: " a voi calabresi fieri che accoglieste ospitali me straniero...dedico questo libro che chiude nelle pagine il tesoro di vita del vostro nobile linguaggio".
    Lo sto consultando in casa per gentile concessione di una biblioteca di Genova e confesso che nello sfogliarlo mi emoziono.
    Mi farebbe piacere contattare la signora Palma per qualche scambio di idee anche perchè sono convinto che gli emigrati rimangono ad oggi i veri depositari della lingua appresa. Per quel che mi riguarda conto di presentare questo lavoro ad utilità di tutti. Mi contatti, per favore, gentile signora. Un caloroso saluto a tutti.
    Salvatore Spanò

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  2. molto interessante...tutto ciò che riguarda le mie origini non può che interessarmi....
    grazie, francesca

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