mercoledì 14 ottobre 2009


dal libro di Mario Teti

Le porte della fantasia, nella mente dei ragazzi, erano sempre aperte, e per tenerle così spalancate non c'era bisogno né di denaro né di particolari conoscenze; venivano esclusivamente alimentate da una frizzante creatività, che garantiva loro giochi sempre nuovi in quel teatro di vita che è la strada. Quante a volte - a sera, d'estate - le mamme raccoglievano "subba o posteju" i loro figli già tranquillamente addormentati. I giocattoli non si compravano nei negozi, bensì venivano creati dai ragazzi stessi, ed erano meravigliosamente originali: le bambole ("a papa") erano confezionate con ritagli di stoffa; i pastori del Presepe venivano modellati con la creta reperita lungo la fiumara e gli altri giocattoli venivano costruiti dal legno che si trovava in giro. . Esistevano giochi prettamente femminili, come la "campana" e "ì petruji", e giochi prettamente maschili, come "à pizzica", "ò mazzuni", "a quattru e quattru ottu", "è straci", "a mmuccia", cioè giochi di gruppo che rallegravano le strade anche fino a tarda notte. Per gli adulti, i giochi erano le carte: "patruni e sutta" di antica origine romantica-francese; "ì paji" e "ù roju", quest'ultimo giocato con una forma di formaggio pecorino indurito.

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