mercoledì 14 ottobre 2009


dal libro di Mario Teti

Nella vita e nella cultura della comunità santonofrese, le festività in genere avevano un ruolo ed una funzione importantissimi perché offrivano alla stessa comunità l'occasione per risolvere esigenze religiose, pratiche ed esistenziali. Naturalmente c'era festività e festività,nel senso che ognuna di essa aveva caratteri e significati propri che davano luogo a forme di celebrazione e di partecipazione popolare non solo diverse fra loro ma anche differenti da luogo a luogo. Le feste che richiamavano un gran numero di persone erano e tuttora sono la Festa della Croce, quella dell'Unità e quella dei Popolari. Un tempo c'era anche la festa dell'emigrante dedicata a tutti gli emigrati Santonofresi all'estero che tornavano per l'estate e tante altre piccole manifestazioni prima tra tutte sicuramente il cinema in piazza. Nonostante i contadini lavorassero tantissimo e di sera erano stanchi, quando, raramente, si presentava l'occasione di uno spettacolo in piazza, la stanchezza immediatamente passava. Tutti, uomini, donne e bambini dopo cena andavano in piazza. I bambini assistevano agli spettacoli delle Marionette e i Cantastorie. Tutte queste festività, siccome provocavano grandi concentrazioni di popolo, costituivano anzitutto delle possibilità di incontro e di socializzazione fra persone che normalmente vivevano sparse nelle campagne, fra queste e quelle dei centri abitati e,infine, fra persone di paesi diverse. Insomma, in tempi e luoghi in cui tutto contribuiva a isolare l'individuo e ad esaurire le sue relazioni sociali nell'ambito della famiglia e, al più, del parentato, le festività rappresentavano una periodica rottura di tale isolamento e quindi una fondamentale esperienza di vita collettiva. Inoltre, con il loro contorno di consuetudini ricreative, di giochi popolari, di scampagnate, di intrattenimenti varie altro, costituivano anche le uniche occasioni di svago organizzato e autorizzato in epoche in cui il massimo divertimento era per gli uomini una partita a carte domenicale nella "cantina" del paese, per le donne la "visita" a qualche vicina o parente, e per i ragazzi i giochi sempre vecchi e sempre nuovi fra coetanei. Infine, poiché tali festività erano per lo più accompagnate da fiere e mercati, con venditori, artigiani e mercanti in genere che arrivavano anche da fuori regione portando le merci ed i manufatti più svariati, esse sopperivano anche alla necessità della gente del posto di rifornirsi periodicamente di beni, prodotti e servizi irreperibili nelle botteghe locali che per lo più si limitavano a soddisfare le esigenze del piccolo consumo quotidiano. La fiera era il richiamo di tutti i commercianti del comprensorio e in alcuni casi dell'intera Regione. Essa si suddivideva in due sezioni: degli oggetti/arnesi e degli animali. La prima era più o meno organizzata come l'attuale mercato ambulante che si svolge settimanalmente a Sant'Onofrio. A quel tempo, però, era un evento straordinario. Essa si svolgeva in Piazza o nelle sue immediate adiacenze ed era l'unica occasione che durante l'anno consentiva a tutti i cittadini di dotarsi di quelle cose necessarie in famiglia e/o allo svolgimento del proprio lavoro. Era quindi una grande occasione per le massaie di fornirsi dei suppellettili necessari in casa come "gozze", "pignate","tiyeji", "cortari", "mayiji", "cerniyya" e tantissime altre cose. Per il contadino o il massaro invece, la fiera importante perché gli permetteva di dotarsi di alcuni attrezzi fondamentali per il suo lavoro quali la zappa, "zappujeji", "marruggia", "panara" "facijja", "accetti", "rasteji" o di procurarsi le sementi: "ranu", "favi", "suja napulitana" e nostrale, "ciciari", "surijaca yanca, russa e povareja". Per l'artgiano, la fiera gli permetteva di sostituire gli attrezzi di lavoro consumati come "ì maniculi", "scarpeji", "pinneji", "chianozzi", "tinagghji" ecc. Per i bambini infine, di vivere giornate di gioia e di eccezionale divertimento.In linea di massima, i grandi si preparavano già fin dall'inizio dell'estate alla festa. Nell'attesa del grande evento e al fine di disporre nell'occasione di una certa autonomia finanziaria molti mesi prima facevano dei risparmi, "ù caruseju". I soldi messi da parte, venivano recuperati dai ragazzi in parte attraverso lavori straordinari svolti all'inteno della famiglia, ed in parte andando alla ricerca di fiori di origano, di noci o di noccioline fresche che poi vendevano agli artigiani del paese. Il denaro risparmiato durante l'anno veniva speso per comprare giocattoli come "palli", "palluni", "paji", "brijja" ecc. La fiera degli animali si svolgeva, invece, solo nelle giornate di venerdì e sabato nelle immediate adiacenze del paese (via Roma, Vias Raffaele Teti, Gioacchino Cugliari, Orto del Signore, Tre Croci, Melisandra, Campo Sportivo). Questa fiera rappresentava per i massari l'occasione i vendere lacuni capi di bestiame che con il sopraggiungere dell'inverno era più difficile pascere. Le feste, insomma, coinvolgevano in maniera diretta tutta la comunità ed era quindi importante organizzarla bene, essere puntuali, fare bella figura con i tantissimi forestieri che vi giungevano da tutto il territorio della provincia di Catanzaro, addirittura alcuni giorni prima della fiera.

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